venerdì 4 aprile 2008

INVESTIMENTI: In Italia i dividendi più ricchi d'Europa

Piazza Affari si conferma il regno delle alte cedole. Il dividend yield aggregato e ponderato della 40 blue chip italiane, al fine del primo trimestre 2008 (5,6%) è il più elevato tra le principali Borse europee. Un risultato prodotto non solo dal calo delle quotazioni sul mercato italiano ma soprattutto dalla generos politica di remunerazione degli azionisti perseguita dalle società dello S&P/Mib. Forte il contributo delle utility che operano in settori regolamentati (da Atlantia a Eni, Enel e A2A), mentre le banche hanno staccato un maxi-dividendo aggrregato di 10,5 miliardi.

Fonte: "In Italia i dividenti più ricchi d'Europa", Carlini, Cavestri e Graziani, Il Sole 24 Ore, venerdì 4 aprile 2008, pagg. 1 e 6

REDDITI: In Italia salari fermi. Siamo ultimi in Europa

La certificazione è arrivata a fine 2007 quando a squadernare le cifre è stato il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi: il nostro è il paese in cui "i livelli retributivi sono più bassi che negli altri paesi dell'Unione europea".
Dal 1996 al 2002 le retribuzioni italiane sono rimaste al palo: +0,2% per un single, + 3,7% per una famiglia con due figli. Questo mentre negli altri paesi gli aumenti vanno dal + 33,5% dall'Irlanda, al + 26,1% dell'Olanda, al 22,7% della Francia, al + 22,5% del Regno Unito, al 13,1% della Germania. Cifre impressionanti che confermano come il lavoro salariato (per i lavoratori autonomi le cose sono, mediamente, andate decisamente meglio), e quindi il potere d'acquisto di tante famiglie, abbia ricevuto un duro colpo. E anche per il periodo 2002-2005 le cose non sono un granchè cambiate: i salari italiani sono cresciuti del 5,4%, contro una media della Ue a 15 paesi del 10,8%.
A confermare il quadro sono poi arrivati, ancor più recenti, i dati dell'OCSE sui salari 2007 nei 20 paesi più industrializzati. E anche qui l'Italia è penultima, con un reddito medio di 19.681 euro. Peggio fa solo il Portogallo. In testa è la Corea con 37.448 dollari, seguita da Gran Bretagna (34.136), poi via via gli altri, passando per i 28.435 dollari della Germania, i 25.572 della Grecia, i 25.555 della Francia ed i 22.207 della Spagna.
Da aggiungere che considerato l'onere fiscale pari al 45,9%, dei 19.861 euro, al lavoratore italiano ne restano netti solo poco più di 13 mila. A completare il quadro c'è poi il fatto che, come osservato dallo stesso governatore Draghi, i salari d'ingresso sono spesso magri, magari con l'aggiunta di contratti atipici la cui natura flessibile non sempre trova adeguate giustificazioni. Chiaro che se l'andamento dei salari è stato quello qui descritto, far quadrare i conti a fine mese per le famiglie diventa sempre più difficile.
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Fonte: "Con" Il mensile dei soci Coop, aprile 2008, pag. 8 su dati Eurostat, Banca d'Italia e OCSE

giovedì 3 aprile 2008

RISPARMIO: Arrivano in borsa le Società di Investimento Immobiliare Quotate

Gli italiani hanno un'altissima percentuale di prime case di proprietà: l'Istat calcola che circa l'80% delle famiglie possegga un immobile residenziale, la percentuale più alta fra i paesi sviluppati
Le ragioni di questa passione per il mattone sono evidenti: da un lato, si tratta di una necessità, e, dall'altro, di una scelta di investimento.
Una scelta che sinora, nella maggior parte dei casi, si è rivelata vincente in termini di rendimento: la ricchezza delle famiglie italiane dal dopoguerra ad oggi è stata creata e difesa proprio puntando sul mattone soprattutto quando correva a due cifre.
Se la prima casa è una forma di faticoso investimento per molte famiglie, il possesso di altri titpi di immobili come grandi proprietà reseindeziali o commerciali rimane, naturalmente, alla portata di pochissimi. O meglio, rimaneneva.
Tra qualche mese, infatti, si affacceranno sul mercato finanziario italiano le prime Società di investimento immobiliare quotate (Siiq) che consentiranno anche ai piccoli investire, indirettamente, in asset quali grattacieli, centri commerciali o prestigiosi palazzi storici situati nei centri delle grandi città.
Tecnicamente una Siiq è una società immobiliare che svolge come attività principale la locazione di immobili (almeno l'80% dell'attivo patrimoniale deve essere investito in immobili e canoni di locazione devono rappresentare almeno l'80% dei ricavi) e distribuisce sotto forma di dividendi non meno dell'80% degli utili. Questi vincoli fanno sì che le Siiq abbiano pochi margini di manovra per svolgere attività diverse dalla gestione degli immobili in dotazione; in cambio di queste restrizioni, e di elevati requisiti di trasparenza, le Siiq sono però esentate dal pagamento dell'Ires e dell'Irap.
Dal punto di vista degli investitori, risulta quindi relativamente semplice capire cosa si sta comprando quando si acquistano i titoli emessi da una Siiq: si diventa proprietari pro-quota di un certo patrimonio immobiliare e si riscuotono preiodicamente i relativi affitti sotto forma di dividendi. Si tratta quindi di un modo di investire nel settore del Real Estate più semplice e trasparente (e fiscalmente conveniente) rispetto agli altri attualmente presenti nel panorama italiano.
Infatti, sia le società immobiliare tradizionali che i fondi immobiliare sono tendenzialmente meno trasparenti e più complessi da valutare in quanto spesso svolgono attività - quali la riqualificazione di aree dismesse, lo sviluppo di nuove opere o la compravendita speculativa di asset immobiliarre - potenzialmente più redditizie ma, al tempo stesso, più rischiose.
Ma le Siiq sono un investimento conveniente?
E' difficile rispondere in anticipo, ma qualche indicazione si può trarre dai Real Estate Investment Trust (REIT), su cui le Siiq sono state modellate.
I REIT sono stati introdotti oltre trent'anni fa negli Stati Uniti proprio allo scopo di creare un nuovo canale di finanziamento per gli operatori immobiliari e di offrire una nuova possibilità di investimento ai piccoli risparmiatori; in questi ultimi trent'anni, i REIT hanno offerto un rendimento medio annuo del 13,4% addirittura superiore a quello del mercato azionario (lo S&P nello stesso periodo ha registrato una performance del 12,8%).
Sinora l'investimento immobiliare quotato era proibitivo per i piccoli investitori italiani in quanto le società immobiliari tradizionali presenti a Piazza Affari sono una esigua manciata, mentri i fondi immobiliarri, spesso speculativi e quindi particolarmente rischiosi, sono appannaggio di grandi investitori istituzionali.
Le Siiq sono quindi una significativa novità per il nostro sistema che, nel percorso di finanziarizzazione del comparto immobiliare, potrebbe non solo offrire una opportunità interessante per gli investitori ma anche contribuire a potenziare in modo sostanziale il mercato immobiliare italiano - quotato e non quotato - rendendolo più liquido, efficiente e trasparente.


Fonte: Via Sarfatti, 25 - Numero 1/2, anno III, febbraio 2008

mercoledì 2 aprile 2008

L'andamento del mercato immobiliare italiano nel 2007


Il 2007 sarà probabilmente ricordato come l'anno della svolta per il mercato immobiliare italiano. Nella seconda parte dell'anno è infatti andato progressivamente esaurendosi il più lungo ciclo espansivo dal dopoguerra. Per la prima volta da 10 anni le compravendite sono diminuite segnando un calo medio del 5% che ha interessato soprattutto le grandi città e che si è intensificato nella seconda parte dell'anno.

Almeno per ora il rallentamento del mercato non si è tradotto in una discesa delle quotazioni immobiliari che sono però ormai ferme e potrebbero cominciare a scendere nel corso del 2008. Le previsioni per l'anno in corso non promettono infatti nulla di buono visto che le intenzioni di acquisto sono ai minimi storici ed è pertanto facile presagire una ulteriore discesa delle compravendite.

Le cause della frenata del mercato sono molteplici e di varia natura. C'è inanzitutto la progressiva diminuzione del potere d'acquisto immobiliare degli italiani sceso del 24% nell'ultimo decennio. Non aiutano da questo punto di vista l'aumento dei tassi di interessi deciso dalla BCE nell'ultimo anno e le fiammate del tasso Euribor su cui si calcolano le rate dei mutui. Giocano a sfavore del mercato anche i crescenti timori per le prospettive dell'economia alla luce delle ripetute revisioni al ribasso delle stime di crescita del pil.


Fonte: Focus Economia, 20 marzo 2008