venerdì 4 aprile 2008

REDDITI: In Italia salari fermi. Siamo ultimi in Europa

La certificazione è arrivata a fine 2007 quando a squadernare le cifre è stato il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi: il nostro è il paese in cui "i livelli retributivi sono più bassi che negli altri paesi dell'Unione europea".
Dal 1996 al 2002 le retribuzioni italiane sono rimaste al palo: +0,2% per un single, + 3,7% per una famiglia con due figli. Questo mentre negli altri paesi gli aumenti vanno dal + 33,5% dall'Irlanda, al + 26,1% dell'Olanda, al 22,7% della Francia, al + 22,5% del Regno Unito, al 13,1% della Germania. Cifre impressionanti che confermano come il lavoro salariato (per i lavoratori autonomi le cose sono, mediamente, andate decisamente meglio), e quindi il potere d'acquisto di tante famiglie, abbia ricevuto un duro colpo. E anche per il periodo 2002-2005 le cose non sono un granchè cambiate: i salari italiani sono cresciuti del 5,4%, contro una media della Ue a 15 paesi del 10,8%.
A confermare il quadro sono poi arrivati, ancor più recenti, i dati dell'OCSE sui salari 2007 nei 20 paesi più industrializzati. E anche qui l'Italia è penultima, con un reddito medio di 19.681 euro. Peggio fa solo il Portogallo. In testa è la Corea con 37.448 dollari, seguita da Gran Bretagna (34.136), poi via via gli altri, passando per i 28.435 dollari della Germania, i 25.572 della Grecia, i 25.555 della Francia ed i 22.207 della Spagna.
Da aggiungere che considerato l'onere fiscale pari al 45,9%, dei 19.861 euro, al lavoratore italiano ne restano netti solo poco più di 13 mila. A completare il quadro c'è poi il fatto che, come osservato dallo stesso governatore Draghi, i salari d'ingresso sono spesso magri, magari con l'aggiunta di contratti atipici la cui natura flessibile non sempre trova adeguate giustificazioni. Chiaro che se l'andamento dei salari è stato quello qui descritto, far quadrare i conti a fine mese per le famiglie diventa sempre più difficile.
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Fonte: "Con" Il mensile dei soci Coop, aprile 2008, pag. 8 su dati Eurostat, Banca d'Italia e OCSE

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